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Tecniche di persuasione applicate al fundraising

da | 28 Mar 2023 | La chimica del fundraising | 0 commenti

Non so a voi… ma a me, sarà che sono mezza napoletana, la parola persuasione mi fa sempre pensare a Massimo Troisi che, in Ricomincio da tre, prova in tutti i modi a persuadere un vaso a muoversi.

E non vi nego che tante volte mi hanno chiesto se le tecniche di persuasione applicate al fundraising fossero in realtà tecniche di manipolazione delle persone e quindi quanto fosse etico usarle.

Studiare queste materie, per me, non è stato un modo per imparare a manipolare gli altri ma ha rappresentato semplicemente un modo per conoscere meglio l’animo umano e ciò che nel profondo ne scuote i sentimenti. E non è solo una questione di fundraising. La prima volta che ho letto Come trattare gli altri e farseli amici di Dale Carnegie (ancora oggi riferimento per chi fa marketing) studiavo ancora chimica e nemmeno sapevo cosa fosse il fundraising. Ma mi ha sempre appassionato provare a comprendere quale fosse il modo migliore di porsi agli altri per trarne il meglio.

Spesso nel dono è proprio così, bisogna cercare il modo migliore di porsi per trarre il meglio dagli altri. Non bastano le buone cause se non siamo in grado di trasmetterle e di appassionare gli altri.

Mi ricordo sempre di un Festival degli Antichi Suoni (Novi Velia – Cilento) di qualche anno fa. C’erano tanti stand gastronomici e di oggettistica e c’era anche un piccolo banchetto di un’associazione non profit che vendeva biscotti per sostenere le attività. Li osservai durante tutta la prima sera: nessuno si avvicinava al loro banchetto né loro si operavano per attirare l’attenzione. La sera dopo gli portai un blocco di volantini col programma del Festival e la mappa delle attività e dissi loro di iniziare a fermare le persone con la scusa dei volantini. Finalmente riuscirono a iniziare a parlare con le persone e raccontarsi e persino a vendere qualche pacchetto di biscotti.

A volte basta davvero poco per avvicinare gli altri a noi: distribuire il programma del festival era un moto di gentilezza che le persone percepivano e rispetto al quale erano ben disposti.

Il dono del volantino ricade perfettamente nel principio del do ut des per cui se tu mi dai qualcosa, anche di piccolo, io sono propenso a fare qualcosa per “sdebitarmi” con te.

Dinanzi a quei ragazzi così gentili che distribuivano volantini utili, partendo dal fatto che a un festival gastronomico siamo già mentalmente predisposti all’acquisto, in più quei biscotti erano per una buona causa… perché non sdebitarsi cedendo alla richiesta di donazione?

C’è da dire che negli eventi pubblici, ovvero quelli in cui siamo in presenza di altre persone (magari amici e conoscenti, come nel caso di un gruppo di persone che va ad un festival) entrano in gioco anche altri meccanismi psicologici come la riprova sociale. Quando ci si trova tra pari ci si tende a comportare esattamente come la nostra cerchia si aspetterebbe. Ci sentiamo sotto osservazione e proviamo quindi ad adottare i comportamenti tipici del nostro “branco”. Purtroppo sia nel bene sia nel male.

Questo è il motivo per cui dovrebbe essere sempre manifesto l’elenco dei nostri valori e quali sono i perché della nostra azione. È proprio nei valori e nelle motivazioni che ci riconosciamo negli altri.

Se andiamo a guardare al mondo del fundraising tra pari (dove albergano anche i meccanismi della riprova sociale) funzionano molto bene, secondo me, i gadget, soprattutto se sono oggetti non banali e distintivi, pensati ad hoc per il nostro target. Al corso Tecniche di persuasione applicate al fundraising racconto sempre di come una t-shirt sia riuscita a portare un nuovo donatore all’associazione che l’aveva realizzata con una donazione di ingresso non banale: 200 euro! Solo sulla forza del: se l’ha fatto il mio amico, lo faccio anche io!

Perché è così: se lo fa un nostro caro amico o, se meglio ancora, ce lo chiedesse il nostro caro amico, difficilmente ci tireremmo indietro. Ecco perché una buona tecnica di espansione ad esempio si basa sul naming. E sul naming funzionano bene anche le campagne di personal fundraising.

Pensiamo alla storica campagna “Ice bucket challenge” (ve la ricordate quella delle secchiate d’acqua gelide per la lotta contro la SLA?): uno dei requisiti era essere nominati.

Tutti questi principi, e i tanti altri di cui parlo al corso, sono frutto di studi, spesso a carattere fortemente scientifico, fatti per indagare le ragioni che spingono le persone ad agire e ad adottare determinati comportamenti. Alcuni di questi studi, ad esempio, hanno proprio indagato le modificazioni che avvengono nel nostro corpo in seguito ad una donazione: come ad esempio il rilascio nel sangue dei così detti ormoni della felicità. Dunque doniamo come risposta del nostro corpo alla necessità di star bene. Prenderne coscienza significa capire che al centro del nostro mondo associativo allora non ci siamo noi ma i nostri donatori ed il loro benessere anche grazie a noi.

Le tecniche di persuasione applicate al fundraising sono dunque, principalmente, un modo per conoscere meglio i nostri donatori, comprendere cosa li spinge all’azione e come possiamo, attraverso le nostre buone cause, farli sentire più felici. Perché è proprio vera quella frase che lessi su un blog americano qualche tempo fa: Copernicus was wrong. The earth revolves around your donors!

Vuoi migliorare?

Impara ad utilizzare al meglio le tecniche di persuasione e come applicarle al fundraising per migliorare il rapporto con i tuoi donatori e l’intera la raccolta fondi. Partecipa al corso Le tecniche di persuasione applicate al fundraising promosso dalla Scuola di Fundraising di Roma.

Se vuoi maggiori informazioni o vuoi sapere quali sono le agevolazioni puoi richiedere informazioni o contattare Barbara Bagli, responsabile della formazione b.bagli@scuolafundraising.it.

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