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+Fundraising + cultura 2022: restituire alla comunità il sacrosanto diritto di sostenere la cultura

da | 12 Ott 2022 | Fundraising: vorrei e non vorrei | 0 commenti

“Più fundraising Più cultura”, l’evento dedicato al fundraising culturale che giunge alla sua terza edizione, non è un convegno e neanche una fiera. Sin dalle sue origini ha voluto essere un grande processo partecipativo multi-stakeholder di co-programmazione di una politica sul fundraising che liberi – finalmente! – da ostacoli di natura burocratica, amministrativa, culturale e organizzativa la capacità della comunità di sostenere il nostro sistema culturale attraverso donazioni, sponsorizzazioni e le tante altre forme di sostegno economico da parte dei privati.

Un appuntamento da non perdere che si svolgerà tra ottobre e dicembre con varie sessioni tematiche. Non per ascoltare e basta, ma per collaborare alla sostenibilità del sistema culturale italiano.

In questo momento di profonda crisi economica, ma anche sociale, tutti guardano alla cultura come un bene fondamentale, per molti versi come un asset straordinario per il nostro sviluppo. Lo dicono tutti (almeno a parole): lo dice il mondo della politica (anche se poi in questo momento di formazione del governo e di programmi politici non viene quasi mai nominata); lo dicono gli operatori economici che verificano che molti settori di consumo e di occupazione come, ad esempio, il turismo restano appetibili proprio grazie al patrimonio culturale immateriale e materiale; lo dicono le organizzazioni sociali e gli studiosi, che verificano ogni giorno che la cultura è il fattore in grado di rigenerare i territori e le loro comunità (come nel caso dei piccoli borghi o le periferie dei centri urbani), di ricreare condizioni di coesione e integrazione sociale, di generare nuove opportunità lavorative e imprenditoriali; lo dicono gli operatori del settore che in questo momento rischiano di non vivere più del loro lavoro quasi sempre sottopagato e saltuario; lo dice perfino la scienza medica, che afferma su basi scientifiche che la fruizione della cultura e del bello ha un valore terapeutico (lo ha detto l’Organizzazione Mondiale della Sanità!).

Ma a fronte di questo consenso generalizzato circa la necessità che si faccia di più per la cultura, nulla o poco si fa per rendere possibile, facile, piacevole sostenere la cultura e le sue organizzazioni con il fundraising.

Oggi per donare ad un’istituzione culturale pubblica occorre usare il sistema Pago PA che è stato inventato per pagare servizi e tributi, non certo per donare! Oggi molti progetti culturali ad alto valore aggiunto non possono fruire dei vantaggi dell’Art Bonus solo perché non rientrano nei criteri formali dei soggetti proponenti. Oggi ancora non abbiamo certezza sull’uso e soprattutto sul buon uso del 2 e del 5 per mille per la cultura. Oggi ancora mancano programmi di formazione e assunzione di fundraiser nelle istituzioni culturali pur avendo esse manifestato che il fundraising è il loro bisogno numero uno.

Tutto ciò è paradossale se si pensa che recenti indagini hanno messo in evidenza che il 40% della popolazione italiana adulta è propensa a donare per la cultura anche con entità economiche medio alte (86 euro) mentre in Inghilterra solo il 20% della popolazione lo farebbe per entità medie di 36 euro; o se si pensa che, nonostante la crisi economica, l’Art Bonus ha raggiunto più di 700 milioni di euro donati non solo da grandi mecenati e filantropi ma anche da tante persone comuni. Anche negli anni “horribilis” 2020-2021 ha mantenuto un flusso di donazioni di più di 100 milioni l’anno.

Di tutto questo abbiamo parlato nella seconda edizione, restituendo al paese uno strumento di lavoro potentissimo: 44 linee di politiche, programmi e azioni che tendenzialmente a costo zero potrebbero far crescere enormemente il fundraising culturale in Italia, solo se lo si vuole (si vedano  qui gli atti della seconda edizione).

Occorre quindi fare un passo in avanti: passare dal dire al fare e farlo urgentemente.

Questo vuol dire per noi dare seguito a queste linee da parte non solo del Ministero, ma anche degli altri enti pubblici, delle istituzioni culturali, delle imprese e delle fondazioni, del mondo della formazione, del mondo dei professionisti del settore.

Al centro della terza edizione abbiamo posto quindi tre priorità:

  • riconoscere la professione del fundraiser culturale, rendere chiare quali siano le competenze e le capacità che tale figura deve avere e orientare i programmi di assunzione nel settore culturale e di formazione del personale sul fundraising.
  • conoscere e rendere disponibili per la raccolta fondi importanti innovazioni tecnologiche, digitali e sociali quali ad esempio il metaverso, gli NFT, la gamification, i donor box, i sistemi di business intelligence.
  • occuparsi seriamente di quelle tante organizzazioni, reti e partnership che animano la cultura nella sua ferialità, che non sono grandi istituzioni culturali e non sono neanche organizzazioni riconosciute dal Ministero ma che rappresentano un’area di decine di migliaia di soggetti che rendono possibile la fruizione della cultura “alle radici dell’erba”: Sono associazioni, cooperative, ma anche enti locali, imprese culturali-creative per le quali è più difficile fare fundraising anche perché alcuni strumenti che lo facilitano spesso sono a loro negati (2 e 5 per mille, Art Bonus, vantaggi fiscali legati al Terzo settore, e molto altro).

Per ciascuna di tali priorità verrà realizzato un webinar con il coinvolgimento sia di esperti e soprattutto di operatori che dovranno restituire indicazioni pratiche per affrontare le criticità e le sfide.

Il tutto terminerà in un Main event che si terrà a Roma in presenza e in streaming il 1 dicembre in cui, partendo da buone pratiche e da iniziative in corso, si metteranno a sistema le diverse istanze e soprattutto le tante iniziative che comunque si occupano di fundraising culturale per dare vita finalmente ad una politica per il suo sviluppo che, si spera, il nuovo governo, vorrà assumere come base per istruire provvedimenti e azioni amministrativi e legislativi.

In questa sfida ci accompagnano storici partner del nostro progetto: Ales spa, ANCI, Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali, il mondo delle fondazioni, le aziende che offrono servizi di fundraising come Metadonors e Rete del Dono, la Rete delle culture, Mecenate 90 e molti altri, anche nuovi, che si stanno unendo a noi in questi giorni.

Il mio sogno? Che venga restituito alla comunità il sacrosanto diritto di sostenere i beni comuni tra i quali il patrimonio culturale è il principale, liberandolo da lacci e lacciuoli non solo intollerabili ma anche dannosi per il nostro paese.

Sì, perché donare non è un dovere, ma un diritto che noi italiani abbiamo sempre praticato nei secoli, per dotare la nostra comunità di un elevato e bellissimo welfare culturale. Che infatti ci è invidiato da tutto il mondo.

* La foto di questo articolo è tratta dal progetto “il Mantello di Arlecchino” del Teatro Tascabile di Bergamo

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